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Quest’anno, la nostra insegnante di Lettere ha organizzato un concorso letterario che ha coinvolto tutta la scuola. La vincitrice è risultata Valentina Tedone di Terza triennale, con un bellissimo racconto che pubblichiamo qui di seguito.

LA NATURALE BELLEZZA DI OLIVIA

di Valentina Tedone

Nei pomeriggi freddi e ventosi di dicembre una giovane ragazza passa le sue giornate in giro nelle campagne, dove di solito incontra qualcuno con cui chiacchierare… L’aria è colma di strani presentimenti, la testa della giovane fanciulla esplode di confusione e tristezza, lei che sempre ammazza le giornate con birra e sigarette si ritrova ad essere fragile e sola in mezzo alla folla. Si può scorgere un’ansia pesante che lei con tutti gli sforzi nasconde e camuffa con timidi sorrisi accavallando le gambe. Finché non cala la sera, lei rimane lì ad aspettare qualcuno, qualcosa, qualcosa che quando non arriva le lascia una grande delusione, dopodiché si alza da quella fredda e alta panchina e si allontana verso casa.

Il giorno seguente, neanche scoccate le 6.00, Olivia, dopo aver accudito i capretti della mamma e i 2 giovani vitelli di papà, già è in giro in mezzo al verde degli alberi, al celeste del cielo ed al nero luminoso dei cavalli selvatici che incontra ogni giorno. Ma sempre quella triste aura la avvolge, come se avesse bisogno di una persona che la faccia sentire bella e felice come in mezzo ad una folla e non di una folla che la faccia sentire sola e inutile. Ed ecco la risposta: Olivia, dopo un lungo sospiro, tira fuori il suo antiquato telefono. Risponde un ragazzo che le butta in faccia una bugia, come tutti i giorni, dicendole che sarebbe venuto in ritardo a trovarla e non alle 2.30 come concordato. Lei fiduciosa non se la prende, metterebbe entrambe le mani sul fuoco sul fatto che lui sarebbe venuto, se pur in ritardo.

“D’accordo, tesoro, ti aspetto, se ci sono dei problemi però chiamami.”

Lui dopo aver acconsentito sparisce, e lei si addentra negli amati boschi fino a una delle sue fidate panchine, apre una birra, accende una sigaretta e si concede un po’ di relax.

Il panorama è mozzafiato lì. Una sera buia decide di trascinare la panchina lassù, è stanca di passeggiare a valle in mezzo ai pochi occhi lunghi dei vicini di casa e vuole godersi la sua privacy sotto le stelle e lontano da tutto e tutti. Quel posto è come un santuario per lei, poiché è una piccola area pianeggiante, situata sopra un’alta collina, coperta da molti alberi grossi e sempreverdi da tutti i lati, tranne dal lato che porta a valle, dove si vede anche il mare. Arrivare in questo santuario richiede molto ingegno, poiché il sentiero è stato creato e camuffato da lei stessa appositamente per non farci arrivare nessuno. Il sentiero è impercettibile, sembra un qualunque punto del bosco. Da piccola Olivia amava collezionare oggetti, qualsiasi tipo di oggetto che le piaceva lo portava lassù, lo metteva in questo quadrilatero di pietre e mattoni, ovvero i resti di un rudere ormai decomposto da acqua e vento e nascosto dagli stanchi rami delle querce. Ogni tanto andava riguardare quegli oggetti, come se ognuno di loro avesse una storia importante. Perché conservare braccialettini, ciondoli, soprammobili e ogni altro oggetto lassù, in un posto cosi esposto e sconosciuto, perché semplicemente non tenerli dentro un portagioie in casa? Nonostante il suo carattere forte e curioso, il suo viso dolce ma deciso, il suo cuore leggero ma triste, Olivia si è sempre sentita sola, per questo raccoglie i momenti più belli della sua vita all’interno di quel portagioie dentro quel vecchio rudere, insieme a bigliettini che parlano di lei. Forse Olivia è sempre stata sedotta dal fatto che qualcuno avrebbe potuto trovare il suo posto speciale; che nel presente o nel futuro qualcuno avrebbe potuto scoprire il suo portagioie, trovare i suoi ricordi e i suoi bigliettini e avrebbe potuto chiedersi “chi mai sarà stata questa ragazza?”, “che persona mai sarà” o “che persona mai è stata?” “Era curiosa o era noiosa, era sorridente o cupa, era bella o era brutta?” Dopo aver finito la birra, Olivia scrive un altro biglietto con il suo nome e la data.

Scoraggiata, chiama il suo ragazzo, che non si degna di rispondere, così decide di perdere tempo andando alla ricerca di animali graziosi e sfuggenti da accarezzare prima che calino le tenebre nei boschi.

Miaà, miaà, si ode leggero e debole sull’orecchio della fanciulla, che immediatamente si ferma, si volta, cammina in tondo alla ricerca della direzione di quel fragile suono. Avvicinandosi sempre più a un dirupo, scorge delle macchie bianche e marroni nel verde scuro del bosco, quasi immobili, che miagolano e si stringono tra di loro. Olivia esce correndo dal nascondiglio, diretta a valle per prendere della paglia e una coperta di lana. I genitori la salutano gioiosi, un po’ perplessi e curiosi per la sua fretta ma non hanno neanche il tempo di guardarla nel viso che lei sta già sparendo sulla collina, intenta a salvare quei piccoli scriccioli. Si precipita di corsa e con il fiatone sopra quel tortuoso dirupo: i cuccioli sono ancora tutti insieme e soli. Comincia a calarsi con attenzione giù per il crepaccio, profondo non meno di 3 metri, ma scivola su un cespuglio e cade vicino ai cuccioli che, terrorizzati, si raggomitolano tra loro e si nascondono tra le piante. Ancora sdraiata sul terreno e con la schiena indolenzita, Olivia sottovoce si rivolge ai cuccioli:

“Dolci creature innocenti! Siete tutti umidi e freddi, e posso scorgere le vostre piccole e sottili costole e le vostre ancora morbide scapole. Vi farete portare al sicuro da me? Vi fidate di questa sbadata e sconosciuta umana? Con delicatezza riesce a mettere tutti e 4 i cucciolini affamati nello zaino e si affretta a tornare su al nascondiglio per avvolgerli con paglia e lana, dopodiché corre a casa per mostrarli alla mamma, che ama i gatti.

“Olivia, tesoro, dove sei scappata così di corsa prima?”

Appoggia lo zaino sul tavolo sorridendo e va giù nella stalla a prendere un po’ di latte, torna in casa e trova la mamma con le mani nello zaino e le lacrime agli occhi:

“Sono così piccoli, morbidi e indifesi! Tesoro, dove li hai presi?”

“Li ho trovati da soli nel bosco, nascosti sul fondo di un piccolo dirupo. Tieni, dà loro questo latte fresco con un contagocce, io vado a mettere gli agnellini insieme, così portiamo i gattini al sicuro in stalla al calduccio!”

Dopo aver messo i cuccioli al caldo nella stalla e averli accuditi, torna su al rifugio e aggiorna il bigliettino precedente scrivendo del suo dolce ritrovamento. Poi resta lì sperando che la mamma dei piccoli si presenti, ma neppure dopo 2 ore vede qualcosa. Mentre torna a casa, riceve una chiamata dal suo ragazzo. Guarda per qualche secondo il telefono squillare, poi butta giù e decide che nessuno la merita, non perché sia perfetta o la migliore, ma perché nessuno l’avrebbe mai capita, nessuno l’avrebbe mai fatta felice veramente. Da quel giorno Olivia inizia a visitare il suo rifugio tutti i giorni aspettando la mamma dei piccoli, perché qualcosa le dice che è in giro a cercarli preoccupata. Nell’attesa dipinge e colora i resti delle mura del suo rifugio, e appende disegni e ciondoli nelle fessure tra i mattoni, mentre Kendra, Masha e Molosso crescono gioiosi, sani, giocosi e con solidi artigli.

La fanciulla decide di scrivere un ultimo biglietto: Molti scelgono di vedere la bruttezza in questo mondo, io scelgo di vederne la bellezza. Forse un giorno lo saprà, forse un giorno saprà che ho trovato il suo rifugio, forse saprà che potevamo diventare amici, forse saprà che l’ho inseguita un sacco di volte e ho celato le mie orme dietro i boschi, o forse, molto più probabile, non saprà mai niente di questo, neanche che era una ragazza speciale e diversa ….

Già, forse non lo saprà mai.

Diario di Marcus