Social + Benessere = Comunicazione Web in Salone

Insieme all’insegnante di Lettere, noi di terza triennale abbiamo avviato alcuni progetti di comunicazione Web. I mestieri dell’estetista e della parrucchiera comportano infatti anche alcuni compiti specifici e attuali. Spesso un’operatrice del benessere è chiamata a gestire la comunicazione su Internet del salone presso cui lavora, per garantirne una buona pubblicità e accrescere così la clientela.

Il primo step in aula è consistito nell’imparare a conoscere e gestire una pagina Fan su Facebook, il metodo più utilizzato oggi per fare pubblicità attraverso i Social. In seguito ci siamo iscritti a LinkedIn, il sito di autocandidatura sul quale è possibile inserire gli elementi più importanti del curriculum vitae e costruire la propria identità professionale. Ecco alcuni esempi!

 

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È tempo di trecce!

Quest’anno nella nostra scuola è scoppiata una vera e propria passione per le trecce, ecco come realizzarle passo passo!

1) Dividere la chioma in due parti definendo una linea centrale.

2) Fermare ogni metà dei capelli con un elastico o una pinza.

3) Prendere un ciocca all’interno delle divisioni create e formare tre ciocche più

piccole.

4) Creare una treccia semplice, quindi fare passare la ciocca destra al

centro tenendo la ciocca centrale spostata di lato.

5) Incrociare la ciocca sinistra su quella centrale.

6) Aggiungere alla ciocca destra i capelli e ripetere questo procedimento

anche con la ciocca sinistra.

7) Continuare ad intrecciare fino a quando tutti i capelli saranno aggiunti

alla treccia.

8) Fermare la treccia con un elastico.

9) Procedere con gli stessi passaggi per la la divisione in sospeso.

di Maria Orza

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Favola medievale

pisanello_011di Elena

Caro diario vecchio e malandato, oggi mi ritrovo qui in quella che si direbbe la mia stanza, con un letto di legno e paglia e qualche straccio sparso sul pavimento. Quanto mi piacerebbe vivere da nobile…farebbero tutto gli altri, vivrei in un castello bellissimo e indosserei tanti nuovi abiti. Ma ahimè, questa è la mia umile vita da sarta. Sento mia madre chiamarmi, mi dice che dobbiamo andare a vendere i vestiti che ho cucito ieri notte.  Scusa, caro diario, ora devo proprio andare.

Scendo le scale e trovo mia madre pronta per andare al mercato. “Coraggio, Elena, andiamo!”…”Sì, madre.” Rispondo sospirando. Dopo poco arriviamo in strada, esponiamo i vestiti e aspettiamo nuove persone. Ad un certo punto passa  una carrozza, dalla quale intravedo uno sguardo femminile. La carrozza si ferma tutto d’un tratto, quasi mi spavento; ne esce una giovane ragazza nobile. Alta, snella, con lunghi capelli dorati raccolti in una bellissima acconciatura. Indossa un vestito ampio con uno strascico lungo 2 metri color crema e ornato da pizzo color oro. Si avvicina lentamente a me con aria amichevole, e mi chiede sorridendo: “Quanto costano questi vestiti meravigliosi?” Io rispondo: “ 10 monete, signorina”. Le sorrido. Lei risponde “ Benissimo, allora ne prendo 5”. Preparo i vestiti, li piego e glieli do. La misteriosa ragazza mi paga. Poi se ne va, dopo aver salutato gentilmente. Torno al mio lavoro e vedo passare il figlio dell’imperatore, Nicolò, il quale era solito a passeggiare nel mercato nel tempo libero. Quanto è bello… Avevo preso una cotta per lui all’età di 10 anni e adesso all’età di 15 anni deve scegliere la sua sposa, se solo potesse scegliere me…Ma che dico! Come potrebbe un nobile innamorarsi di una come me. Mentre penso a tutto questo, Balto, il mio cane, scompare. Preoccupata lo cerco per tutto il mercato, dalle grandi vie a quelle più piccole e strette, e alla fine lo trovo. “Oh, mio Dio, è vicino al figlio dell’imperatore!  Preoccupata, lo richiamo e vado da lui. Nicolò mi sorride e mi dice: “Che bel cane, è tuo?” Io arrossisco e rispondo: “Ehm, sì”. Lui capisce subito che mi sento a disagio e forse per farmi intuire il suo interesse mi chiede come mi chiamo. Gli rispondo “Elena” e lui sorridendo mi dice: “Che bel nome, bella fanciulla” . Mi sento sprofondare e arrossisco. Lui mi guarda negli occhi e mi sorride dolcemente. Gli dico che si sta facendo tardi e che devo andare, mentre mi volto mi stringe un polso e mi dice: “Ricordati che sei una bellissima ragazza “. Mi bacia la mano e mi dice che gli avrebbe fatto piacere se fossi andata al ballo del castello che si sarebbe tenuto la sera dopo. Gli rispondo sorridendo che ci sarei andata. Ci salutiamo. Una volta nella mia stanza, mi butto sul letto felicissima e urlo di gioia. Poi la felicità sparisce e iniziano ad assalirmi le preoccupazioni riguardo l’abito che avrei dovuto indossare. Decido di cucirlo da sola. Esco e torno al mercato per comprare nuove stoffe. Visto che qualche ora prima la ragazza della carrozza mi aveva pagata abbondantemente potevo permettermi stoffe più pregiate, scelgo quella bianco crema e del pizzo bianco panna per la gonna ampia e sfarzosa. Lavoro duramente tutta la notte ma alla fine l’ho creato, il mio prototipo di abito è riuscito ed è bellissimo. Ha il corpetto con una scollatura semplice e una gonna ampia che finisce in uno strascico non troppo lungo. La gonna è anche ornata di pizzo bianco panna. Alla sera del fatidico giorno sono molto tesa e ansiosa ma anche felice e vado da mio fratello Brando. Aspetto che sia pronto e poi andiamo. All’entrata del castello vi sono guardie, le quali ci fanno passare dopo qualche minuto. Appena entrati rivedo la ragazza della carrozza, è ancora più bella del giorno prima. Decido di andarle a parlare e subito facciamo amicizia. Le presento mio fratello e lei arrossisce e rimane stupita come se lo conoscesse già. Allora sorrido e dico “ Vi lascio un po’ da soli così vi conoscete meglio.” E decido di andare a cercare Niccolò tra la folla. Sono nervosa, lo ammetto, ma ho tanta voglia di rivederlo. Eccolo lì che scende le lunghe scalinate del castello, mi vede e mi viene incontro. E’ bello come sempre, mi prende la mano, la bacia nuovamente e mi dice: “ Sei ancora più bella di ieri, principessa”. Io gli rispondo: “Grazie” e mi metto una ciocca di capelli dietro le orecchie. Lui non resiste e mi bacia sulla guancia. Lui sorride,mi prende per mano e mi porta a ballare. Mentre balliamo parliamo a lungo. Poi gli chiedo se avesse già scelto la sua sposa e lui risponde di sì. Il mio sorriso diviene triste, sto per svenire. Lui ride ed esclama: “ Non ti ho ancora detto chi sarà la mia sposa”  “ Chi sarebbe?” chiedo.  “ Tu!” Sento le farfalle nello stomaco, si avvicina a me e mi bacia dolcemente. Dopo un mese circa sia io che Ginevra ci sposiamo. Lei con mio fratello Brando ed io con il ragazzo che amavo sin da bambina, Niccolò.  Siamo andati tutti a vivere nel suo castello dove ancora oggi siamo vicini e contenti.

Beauty Icons: Marilyn Monroe

monroecirca1953 9501-74996-bunny-white-cream-miss-marilyn-monroe-swing-dress-102-51-16767-2-largeOggi l’insegnante di Inglese Federica Pudva ha raccontato in classe la storia di un’icona immortale del secolo scorso, Marilyn MonroeQui sotto troverete una scheda in inglese che approfondisce, con l’uso di termini tecnici, i dettagli relativi ai tratti caratteristici dell’aspetto, con suggerimenti per imitarne lo stile.

Buona lettura!

 

Marylin

 

Il quartiere

img-20161108-wa0003di Alessia Vaccarella

Un po’ di verde e del grigio, questo è quello che si trova nel mio quartiere, la Chiappa.
Aria di freschezza e profumo di pane, un quartiere abbastanza luminoso in estate, quando c’è il sole, molto cupo e grigio in inverno, autunno e nelle giornate più piovose. Come in ogni quartiere, puoi trovare persone di diverso tipo. Persone di una certa età, che amano la loro zona, la loro città, per tutte le ricchezze o le gioie che le rendono fiere di farne parte. Ogni mattina, anziani si svegliano per poi andare nei bar dei dintorni a consumare una sana colazione accompagnata da discorsi e a volte anche pettegolezzi, dandosi appuntamento, per continuare la loro chiacchierata mattutina facendo due passi,oppure organizzandosi per il pomeriggio. Bambini di tutte le età che girano per la Chiappa come se fosse un parcogiochi, piccoli pezzi del quadretto familiare che dipinge questo quartiere. Gruppetti di fantelli alla ricerca dell’avventura che purtroppo possono avere solo nei dintorni, che amano stare insieme o meglio fare lavoro di gruppo. Masse di ragazzi di una certa età, tra i 14 e i 24 anni, che si ritrovano nella “piazzetta”, luogo che per i  più grandi viene considerato di “culto”, o meglio ancora una
“casa”. Ogni singolo giovane della Chiappa è passato per quella piazza, quasi come se fosse un passaggio dell’adolescenza, obbligatorio.
Tutti i pomeriggi dalle 16-16.30 se non prima,  i ragazzi si ritrovano e stanno insieme fino all’ora di cena. La sera invece tra le 21-21.30, dopo cena, si vedono quelli più grandi, che dopo una giornata intera di lavoro si ritrovano per scambiare discorsi e per rilassarsi insieme, dedicando un po’ di tempo a se stessi. In teoria la piazzetta
comprende due gruppi diversi, che a volte sono uniti in un unico gruppone. Il gruppetto dei “piccoli” è formato da ragazzi che hanno iniziato ad uscire pochi anni fa, tra il 2012-2013, e quelli “grandi” che qui sono nati, si sono conosciuti e sono cresciuti insieme. Spesso e volentieri, quando la sera i ragazzi si ritrovano lì e sono in compagnia di altri  cresciuti nel nostro quartiere, subentrano altri gruppi, come quelli di Rebocco, Fossitermi e addirittura Migliarina. A tutti basta venire in quella piazza per non pensare ai problemi, ragazzi che in quella piazza hanno trovato il primo amore, quello che per alcuni può essere l’unico o quello vero, l’amicizia, quella vera, il significato di famiglia, di fratellanza, di cosa voglia dire “aiutarsi”o addirittura pararsi le spalle a vicenda. Fantelli che si sono voluti bene, odiati due secondi dopo, oppure persone che prima non si sopportavano, fare gioco di squadra e legare come veri e propri fratelli. Per molti quella piazza può essere solo un angolo di quartiere, il nulla più totale, ma per altri, parte della vita, infanzia, adolescenza come per me, magari il futuro per i piccoletti. Un tempo non c’era tranquillità, tutti erano scalmanati, euforici e anche pericolosi, ma crescendo abbiamo e soprattutto hanno, imparato che si matura e ci si dà una regolata, sia per se stessi che per il rispetto altrui. Proprio per questo noi della Chiappa definiamo il nostro quartiere una casa, una famiglia o un luogo di culto. Sono fiera del mio quartiere e della mia gente.

Finalmente Halloween!

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Alessia Ruberti
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Carlotta Brocchini
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Prima/Dopo: Alessia Ruberti

img-20161103-wa0005 img-20161103-wa0001Come ogni anno, qui a Formimpresa ci siamo divertiti a realizzare alcuni look per questa serata speciale. Ecco le bellissime proposte di Carlotta!

 

Make up Artist: Carlotta Brocchini

Model: Alessia Ruberti

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Il ritratto

Insieme all’insegnante di Lettere, noi di prima triennale ci siamo divertite a delineare i ritratti di alcune persone care, focalizzandoci sia  sull’aspetto fisico sia su quello interiore.

 

di Iris Lodola

Il mio ex

Tommaso, che conobbi ormai tre anni fa a scuola, quando andavo ancora alle medie, ha sconvolto tutta la mia vita.

All’inizio non andavamo molto d’accordo, non eravamo neppure amici.

Poi, dopo il mio primo anno di medie, abbiamo iniziato a vederci e a provare interesse l’uno nei confronti dell’altro.

Dopo 4 o 5 mesi ci siamo messi assieme. Posso dire di essermi innamorata per la prima volta. Amavo e amo tuttora il suo carattere, i suoi difetti, la sua gelosia improvvisa, il suo cambiamento d’umore, il suo aspetto esteriore ed interiore e… se continuo potrei non smettere più.

Io e Tommaso siamo stati insieme per un anno e mezzo e in questo lungo tempo lui mi aveva fatto dei torti che io non gli ho potuto perdonare, così ho voluto mettere la parola fine.

Ha 16 anni, suo padre si chiama Massimo, sua madre Barbara, la sorella Emma e sono sicura che farebbe di tutto per proteggerla ed è questo che lo rende una persona dolce e di buon cuore.

Di statura è alto e magro, ha un fisico ben sviluppato che per me rimane sempre il migliore, i suoi occhi sono una mescolanza di colori fra il verde, il marroncino e il giallo. Le sue labbra sono molto carnose e i capelli mediamente lunghi e sempre mossi. Il suo viso è molto fotogenico, ha gusto nel vestirsi, la sua voce è delicata e la sua carnagione è chiara ma non troppo.

Ho notato che quando è nervoso si mangia le unghie o le pellicine delle dita della mano.

Tommaso è davvero un ragazzo speciale. Ha molta paura dei ragni e di perdere le persone a cui tiene.

Come dice lui, gli amici li conta sulle dita di una mano e infatti per me lui è stato sempre un esempio da seguire, anche se questo non l’ha mai saputo.

E’ un ragazzo tranquillo, non si mette mai nei guai, o almeno ci prova.

Non gli importa nulla dei giudizi degli altri e questa è un’altra cosa che amo di lui.

Fa credere di avere molta autostima, ma alla fine non è affatto così perché cerca sempre di essere al meglio quando invece dovrebbe sapere che è perfetto così.

Fa sempre ridere e fa stare bene le persone ed anche se a volte prende in giro, non lo fa con malizia. Sottovaluta molto la sua intelligenza ma non si rende conto di quanto sia in gamba quando si ci mette di impegno.

Per esempio, l’anno scorso non andava quasi mai a scuola e non faceva mai i compiti solamente perché non aveva voglia di studiare.

L’unico suo difetto, che non riesco ancora a sopportare, è quando ti guarda con quello sguardo da persona superiore ed anche se sai che ti ha in pugno, cerchi di tenergli testa ma alla fine te la fa perdere.

Un giorno ricordo che mi aveva confessato di avere fatto lo stupido con una del posto, io mi arrabbiai con lui e non gli parlai per un po’. In seguito, un pomeriggio, mentre stavo per salire in corriera mi prese la mano e mi fece girare, mi guardò con quello sguardo orgoglioso e mi chiese scusa. Dissi all’autista della corriera di andare e abbracciai Tommaso più forte che potevo.

Ammetto che ora mi manca, veramente tanto. Ma ormai ci siamo persi entrambi. La nostra storia è come un filo troppo sottile che non ci lega e non ci sostiene più, ma in fondo non si può spezzare.

 

Mia madre

di Giulia Triacca

Avrei dovuto scrivere del mio ex, ma non me la sento, voglio scrivere della persona che ho amato di più in assoluto… La mia mamma, che purtroppo non c’è più…

Lei era bella, bellissima, aveva due occhi a mandorla, marroni scuro. Dove dentro potevi leggere.

Aveva quel non so che dentro di troppo bello, qualcosa che non tutti hanno, non so nemmeno dire cosa, ma insomma, era mia mamma, è normale che pensi queste cose!

Avevo 9 anni quando l’ho vista cadere davanti ai miei occhi, nella mia scuola.

Ho visto tante cose per avere solo 15 anni, ma penso che da una parte sia un bene non aspettarsi niente da nessuno.

Quella scena rimarrà nei miei occhi per sempre.

Dopo qualche anno dalla sua morte, ho iniziato a capire come gira il mondo, che non è tutto rosa e fiori ma devo sapere che ogni mia azione ha la sua conseguenza.

Nonostante i brutti momenti, non sono mancati quelli felici, tante cose le ho ho superate grazie ai miei

amici, magari la sera che non mi sentivo troppo bene, magari per i miei mille pensieri, c’erano loro, in casa a guardare uno stupidissimo film, oppure a farci un giro in motorino senza sapere dove andare.

Le mie compagne di scuola

di Alessia Lazzerini

Caro diario,

oggi vorrei parlarti di un’amica che si chiama Antonella, è una ragazza molto solare e simpatica. Mi fa sempre ridere.

Ci siamo unite in un gruppo. Forse siamo le più pazze della classe! Del nostro gruppo fanno parte: Natascha, Ilaria, Sabrina e Antonella. Ne combiniamo davvero tante!

Il 17 Settembre siamo andate al centro commerciale Le Terrazze per stare un po’ insieme e per conoscerci meglio… Gli voglio un mondo di bene, spero di avere una bella relazione con loro, ci divertiamo sempre tanto.

Antonella mi aiuta sempre anche nei momenti più no. Lei è la mia topina dolce perché quando è arrabbiata bisogna lasciarla stare, altrimenti diventa furiosa. Se qualcuno mi tocca, lei mi difende sempre.

Appena l’ho conosciuta mi è sembrata molto divertente e altruista. Inoltre non ho mai avuto una amica così pazza!

Sono molto contenta di aver conosciuto queste ragazze… Quando siamo incavolate però non ci considerate perché altrimenti vi attacchiamo al muro!

Antonella ha 14 anni, è una ragazza molto serena. Ha gli occhi color Nutella, è magra ed è bellissima. Ilaria ha quasi 14 anni, è molto socievole e un po’ timida e soffice. Natascha ha 15 anni, magrolina e molto dolce con me e mi aiuta nei momenti più difficili. Con Sabrina non parlo molto ma credo di dover approfondire la conoscenza.

Se qualcuna di noi  è offesa per qualche motivo, lo dice senza farsi problemi, e questo mi piace molto. Odio chi va in giro a spettegolare senza portare rispetto!

Poiché Natascha lavora per AVON, un giorno ci siamo divertite ad andare in giro con lei per le strade di Sarzana proponendo i prodotti ai passanti. Purtroppo non siamo riuscite a vendere nulla, ma ci siamo fatte un sacco di risate e abbiamo approfondito la conoscenza reciproca.

Caro diario, ti farò sapere tutto quello che succederà durante questi tre anni insieme!

 

Un look per la sera


IMG-20161007-WA0007Ecco alcuni look che abbiamo realizzato questa mattina in Laboratorio, particolarmente indicati per le sere d’estate.

Sopra: Modella: Lucia Guzman

Modella Virginia / Make up Artist: Chiara

Sotto: Modella Alessia/Make up Artist: Giada

 

 

 

 

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La storia di mia nonna: ricordi della seconda guerra mondiale

 

 di Gaia Gabetti

Anna, la mia fantastica nonna, è nata nel 1938. Alla fine della seconda guerra mondiale aveva circa 7 anni, ma malgrado la tenera età ha ricordi ancora accesi di alcuni avvenimenti. Quando me ne parla i suoi occhi sembrano riempirsi di lacrime, forse ricorda ancora la paura e il terrore che in quel periodo li perseguitava.

Lei e la sua numerosa famiglia abitavano in una umile casa di campagna nei pressi di Follo. In quel periodo la campagna era piena di famiglie sfollate per sfuggire ai bombardamenti che avvenivano maggiormente nelle città.

A volte i soldati tedeschi penetravano le campagne per fare dei rastrellamenti. Mia nonna mi ha raccontato che suo padre aveva fatto una buca in mezzo ai campi che potesse contenere l’intera famiglia, e quando sentivano le truppe tedesche marciare verso la loro abitazione correvano a nascondersi dentro questo “piccolo rifugio fai da te” ricoprendo poi il buco con legni e frasche, alle volte stavano lì dentro per intere giornate, al freddo e al buio, tutti stretti uno contro l’altro sperando che il loro piccolo bunker bastasse a sfuggire agli occhi attenti dei tedeschi.

Mia nonna accennando una tenera risata mi disse che, per non aver scovato il loro grossolano rifugio, questi spaventosi tedeschi non dovevano essere stati poi tanto svegli o che forse facevano finta di non vedere.

Secondo i suoi racconti, in paese, dei giovani partigiani uccisero un soldato tedesco ubriaco e il giorno seguente i militari tedeschi per rappresaglia portarono via dal carcere del 2 Giugno quattro ragazzi di Follo, radunarono tutto il paese in piazza per assistere all’impiccagione di quattro giovani innocenti. Anche questo ricordo segnò e forse segna ancora la vita di mia nonna. Questa fu un’ennesima dimostrazione di chi a quei tempi comandava. Ma la cosa che tutt’ora le è rimasta più impressa è quando venne ucciso il suo migliore amico e vicino di casa da sempre. In quell’occasione mia nonna e la sua famiglia erano nascosti dentro al loro rifugio, la nonna sbirciava da un buchino in superficie i movimenti dei soldati tedeschi, Marco, l’amico della nonna e dei suoi fratelli, si affacciò dalla porta. Un tedesco lo notò e il suo giovane corpo fu trafitto da una scarica di pallottole di una “maledetta”, come dice lei, mitragliatrice tedesca.

Anna, mi raccontò che sua madre, la mia bisnonna, partiva con un misero carretto e andava a Parma a piedi per barattare l’olio, le olive, le uova con la farina in modo da sfamare i suoi numerosi figli con pane e pasta. Il viaggio durava diversi giorni, a volte anche più di una settimana. Le donne viaggiavano soprattutto di notte per passare inosservate e di giorno si nascondevano nei boschi, fra la vegetazione.

Un giorno una truppa tedesca giunse nel paesino di mia nonna, loro nascosti come sempre nel posto segreto sbirciavano amareggiati la loro casa andare a fuoco, quando ad un certo punto un soldato tedesco andò verso di loro, la famiglia terrorizzata era pronta al peggio, il soldato rompendo ogni aspettativa si inchinò e sussurrando disse loro di correre ed andare a spegnere il fuoco in casa, che erano ancora in tempo. Si scusò e scappò via veloce, mia nonna dice di ricordare ancora la voce di quell’angelo che li aveva aiutati. Il loro angelo si chiamava Actus, si affezionò talmente tanto a loro che da lì a poco nacque un vero e proprio rapporto di amicizia segreto.

Actus portava alla famiglia gallette di riso, e viveri di ogni genere. Si era proprio affezionato a quella dolce famiglia.

Un giorno il soldato buono portò a casa di mia nonna un salame. Mia nonna mi raccontò che lei e i suoi 5 fratelli non avevano mai visto quel cibo strano e misterioso. “Quando l’abbiamo assaggiato ci sembrava così delizioso, non avevamo mai mangiato qualcosa di così buono” disse mia nonna ridacchiando.

Vera aveva pressoché 6 anni, era la sorellina più piccola dei 5 fratelli ”Da dove viene? È buonissimo” esclamò Vera. “Nel bosco, dalla pianta del salame” rispose Actus ridendo. Mia nonna quando racconta questa storia ride a crepapelle.

Vera ancora piccola e credulona credette a quella storia e decise di andarlo a cercare. La sera, i fratelli non vedendola tornare, preoccupati andarono a cercarla e la trovarono in mezzo al bosco tremolante e impaurita.

Non avendo trovato il salame, dice mia nonna, dopo un po’ si era rassegnata ma non era riuscita più a trovare la strada di casa.

Il giorno seguente la famiglia era in casa, alla radio le notizie erano sempre le stesse, quando gli americani annunciarono la notizia che tutti stavano aspettando “ la guerra finalmente è finita”.

La guerra era finita, gli americani avevano liberato l’Italia.

Mia nonna mi raccontò che la popolazione era tutta radunata in piazza, tutti ballavano, cantavano, la gente era felice, in paese si respirava un’aria diversa, finalmente l’incubo era finito e la popolazione sprizzava di gioia.

 

L’eccidio di Stazzema, un passato mai dimenticato

Oggi è venuto a trovarci in classe l’avvocato Simone Serafini, che nel 2004 difese l’imputato  Alfred Mathias CONCINA, sergente dell’esercito tedesco, per raccontarci i terribili fatti riguardanti l’eccidio di Stazzema. Questo incontro ci ha segnato molto e non lo dimenticheremo facilmente. Ecco la nostra intervista:

hqdefault1) In quale contesto storico si svolgono gli avvenimenti di S. Anna di Stazzema?

Come saprete, l’otto settembre del 1943 l’Italia firma l’armistizio con le truppe Alleate. Da questo momento la Germania, prima alleata, occupa militarmente il nostro paese. Le truppe americane, nel frattempo, sbarcano in Sicilia e piano piano salgono alla riconquista. La Germania, dal canto suo, impegnata su più fronti, preferisce richiamare le sue truppe verso nord, stanziando le sue difese lungo la cosiddetta “Linea Gotica”, un fronte di difesa che idealmente congiungeva Pietrasanta con Rimini. Nella zona intermedia fra le truppe alleate e quelle tedesche, dove appunto si trova S. Anna di Stazzema, combattevano le truppe partigiane che supportavano l’avanzata americana con azioni di guerriglia, cioè azioni di sabotaggio contro il nemico. Per combattere i partigiani, il governo tedesco aveva stanziato varie leggi fra le quali quella per cui per ogni soldato tedesco ucciso, sarebbero stati giustiziati per rappresaglia dieci italiani.

 

2) Quali sono le conseguenze di questa legge?

L’esistenza di questa legge, a livello giuridico, è molto importante perché in qualche modo “tutela” i carnefici, nel senso che erano esecutori di ordini venuti dall’alto. Nel processo Priebke, il cosiddetto boia delle Fosse Ardeatine, che è stato il primo processo svolto in Italia contro i nazisti, ad esempio, l’ex ufficiale tedesco è stato condannato all’ergastolo perché ha “superato” il numero di esecuzioni previste da questa legge.

 

3)Perché i processi contro i criminali nazisti si sono svolti così tanti anni dopo questi terribili vicende?

Dovete sapere che, finita la Prima Guerra Mondiale, gli stati vincitori avevano chiesto ingenti risarcimenti alla Germania sconfitta. Il paese, vessato dai debiti, era in ginocchio e il malcontento e il senso di umiliazione erano in crescita fra la popolazione. Pensate che addirittura il marco (la moneta della Germania prima dell’euro) aveva così poco valore che la gente andava a comprare il pane con le carriole piene di soldi. Proprio su questo desiderio di rivincita fece leva il Nazismo, che cavalcò ideali di resurrezione e di orgoglio nazionale. Memori di quanto successo in precedenza, gli stati nazionali hanno preso la decisione di evitare una situazione simile. Per questo motivo tutti gli incartamenti relativi alle stragi compiute dai tedeschi in Italia, e la stessa cosa è successa in Grecia, vennero chiusi in quelli che sono passati alla cronaca come gli “armadi della vergogna”.

 

4) Che cosa si intende con “armadi della vergogna”?

Si tratta di veri e propri armadi, situati nella Procura del Tribunale Militare di Roma: qui vennero chiusi tutti gli incartamenti relativi alle stragi compiute dai nazisti in Italia. Questi armadi vennero addirittura rivolti con l’apertura verso il muro, in maniera da celare e rendere ancora più inaccessibile il “segreto” che contenevano. Solo pochi anni fa, nel 2005 per la precisione, si è deciso di aprire questo e altri processi. Gran parte del merito è da attribuirsi ai cittadini di S. Anna, discendenti delle povere vittime, che per sessant’anni hanno chiesto che fosse fatta giustizia. In confidenza vi confesso che uno dei motivi che hanno fatto aprire questi processi è anche il fatto che c’era una riforma in atto per cui i Tribunali Militari avrebbero dovuto essere chiusi e quindi le Procure, per rinviare quanto più possibile la chiusura, hanno tirato fuori tutti i fascicoli possibili e immaginabili.

5) Che cosa successe a S. Anna di Stazzema?

I tedeschi sospettavano, a ragione, che ci fossero partigiani nascosti nei boschi che circondano S. Anna di Stazzema. Dovete pensare che questo paese è formato da tanti piccoli nuclei abitativi e quindi i partigiani erano difficili da localizzare. In un primo momento, gli abitanti di S. Anna vengono fatti sfollare ma, non essendo stato trovato alcun partigiano, per ordine del Generale Simon, di stanza a Pietrasanta, vengono fatti rientrare. A seguito di un’altra segnalazione, i tedeschi risalgono nel paese. Va detto fin da subito che ad accompagnare i soldati tedeschi c’erano italiani (i cosiddetti “repubblichini”, rimasti fedeli ai vecchi alleati), gente della Versilia che conosceva bene quei luoghi. Arrivati in paese, il 12 agosto del 1944, a mezzogiorno, si sentono suonare le campane. I tedeschi, sparsi nelle varie frazioni in cerca del nemico, credono che si tratti di un avvertimento per i partigiani, mentre in realtà si trattava del semplice rintocco delle campane per il mezzogiorno. Apro una piccola parentesi: i soldati che agivano lungo la linea gotica appartenevano alla XVI divisione Panzergranadier delle SS, truppe scelte famose per la loro crudeltà. Ma torniamo ai fatti. Al suono delle campane, i soldati tedeschi che avevano l’ordine di radunare la popolazione, sparsi per ogni dove, senza ordini precisi, agiscono in maniera differente: alcuni compiono atrocità indicibili, altri addirittura cercano di aiutare la popolazione per quanto loro possibile, sparando in aria e consentendo ad alcuni la fuga. Dopo aver radunato la popolazione nella piazza della chiesa, il Sommer, cioè il tenente a capo di questa divisione, chiama il comando in capo a Pietrasanta chiedendo ordini. La risposta è terribile: “non fate prigionieri”. Vengono dunque messe le mitragliatrici a terra e si fa fuoco sulla popolazione inerme, “colpevole” di non aver collaborato. Furono uccisi quasi tutti, i pochi sopravvissuti vennero fucilati nei pressi di S. Terenzo Monti lungo la strada della ritirata.

6) Perché questo reato, essendo passati così tanti anni, non è stato prescritto?

Voi sapete che, secondo la legge italiana, se un reato non viene giudicato entro 20 anni da quando è stato compiuto non è più perseguibile. Questa è la cosiddetta prescrizione, cioè lo Stato non può più processare né tantomeno condannare nessuno trascorso questo tempo. Questo però è un caso diverso perché si tratta di un crimine contro l’umanità e in quanto tale non è prescrittibile e non può essere concessa in alcun modo la grazia.

7) Che cos’è una “grazia”?

Il Presidente della Repubblica, se lo ritiene opportuno, può decidere che una persona, giudicata colpevole, possa non scontare la pena per cui è stata condannata. Molte grazie sono state concesse per reati commessi subito dopo l’8 settembre del 1943, perché si è valutato che quella fosse una situazione di guerra civile.

8) Come si è scelto chi mandare a giudizio?

Una volta ottenuto l’elenco dei soldati della XVI Divisione Panzergranadier, si è deciso a tavolino che i soldati semplici non potessero andare a giudizio, ma soltanto chi avesse un grado dal sergente in su. Si è pensato, infatti, che solo un graduato avrebbe potuto capire che l’ordine che era stato dato era illegittimo. Unica eccezione è quella del soldato semplice che ha confessato di aver premuto il grilletto nella piazza della chiesa, rinviato a giudizio insieme ai nove graduati e testimone nel processo.

9) Per quale motivo sono stati imputati?

L’accusa è stata quella di concorso in reato: si è valutato cioè che tutti i graduati sarebbero partiti alla volta di S. Anna sapendo che avrebbero ucciso dei civili innocenti. Mi spiego meglio: le responsabilità di un reato sono personali, cioè ognuno risponde delle azioni che compie. In caso di concorso in reato, invece, si presuppone che tutti gli imputati siano consapevoli dell’azione che si compie e dunque tutti imputabili alla solita maniera. L’opinione mia e del resto della difesa era che, dato che i soldati erano sparpagliati e, come dicevo prima, ci furono azioni terribili ma anche alcune benemerite, non si sarebbe dovuto usare tale criterio ma valutare caso per caso. Non esisteva il concorso di persone nel reato perché non esisteva alcun ordine preventivo. Questo è quanto afferma anche il soldato semplice condannato, chiamato a testimoniare, che ha ribadito che il Sommer, cioè l’ufficiale più alto in grado, ha ricevuto l’ordine di compiere la strage solo quando si trovava a S. Anna, non prima. Non essendoci alcun ordine preventivo, non ci può essere neppure il concorso di persone nel reato. Da quanto emerge dagli atti, infatti, l’unico ordine alla partenza era quello di trovare i partigiani. A riprova di ciò, il Tribunale tedesco ha rigettato tutte le richieste conseguenti a questo processo (tutti gli imputati sono stati condannati all’ergastolo), aderendo alla nostra tesi. Questo processo, da un punto di vista prettamente giuridico, è stato molto poco interessante, si è trattato per lo più di un processo alla storia perché si è ritenuto doveroso risarcire chi ha subito ingiustizie tanto grandi.

10) Che sensazioni ha provato a difendere questi criminali?

Tutti quanti noi difensori abbiamo premesso, ancor prima di iniziare il processo, che ci trovavamo in una situazione di grande imbarazzo, come italiani, a dover difendere chi aveva commesso tali atrocità nei confronti di nostri compatrioti. Fra di noi c’era pure una ragazza ebrea, quindi ancor più colpita nel vivo, che aveva chiesto la dispensa da questo processo ma che non le è stata concessa. Compito dell’avvocato, nel momento in cui viene nominato, è difendere il proprio assistito nel miglior modo possibile.

11) C’era possibilità, secondo lei, che il processo avesse un altro esito?

Se il Tribunale avesse agito in maniera esclusivamente giuridica e non “storica”, dal momento che era stato assodato che non ci fosse stato alcun ordine preventivo e dal momento che non c’era alcuna prova tangibile di chi personalmente avesse commesso i reati imputati, l’esito sarebbe stato sicuramente diverso. Non c’era alcuna prova concreta perché i testimoni del processo erano tutte persone molto anziane, e il tempo passato aveva sbiadito nei loro ricordi i volti, i nomi, le persone. Si ricordavano i fatti, si ricordavano che c’erano anche degli italiani fra i nazisti, ma non precisamente chi avesse commesso queste efferatezze. È stato terribile anche per noi ascoltare questi ricordi, a un certo punto ci siamo trovati noi tutti, avvocati, pubblici ministeri, collegio del tribunale in lacrime ad ascoltare questi racconti.Santanna_mahnmal

12) Per quale motivo giuridico sono stati condannati se è stato dimostrato che eseguivano degli ordini?

Qualunque codice militare prevede che il sottoposto, sia esso soldato semplice, sottufficiale o ufficiale, quando riceve un ordine da un superiore, è tenuto a rispettarlo a meno che tale ordine non sia palesemente illegittimo. Se non esistesse questa differenza fra ordine legittimo e ordine illegittimo, nessuno sarebbe stato da condannare perché avrebbe semplicemente eseguito un ordine. Invece, dal momento che nessuno si è opposto, sono stati condannati. Fra le 660 persone uccise ci sono anche dei militari tedeschi ed è plausibile che siano quei soldati che si sono rifiutati di eseguire gli ordini.

13) Ci può raccontare qualche episodio di quella terribile giornata?

Gli episodi più terribili si sono verificati nelle frazioni dell’Argentiera e di Val di Castello. In un casale all’Argentiera erano radunate circa trenta persone fra donne, anziani e bambini. Gli uomini infatti erano scappati perché sapevano che i tedeschi cercavano loro. Arrivati al casale i tedeschi hanno chiesto dove fossero nascosti i partigiani. Non ottenendo nessuna risposta hanno fucilato tutti, compresa una donna e il suo bambino di tre mesi, corsa a supplicare che almeno salvassero il neonato. A Val di Castello, in un altro casale, hanno rinchiuso tutti gli abitanti in una stanza e hanno gettato una bomba dentro; solo un bambino che allora aveva dieci anni e il suo fratellino, testimoni dei fatti, si sono riusciti a salvare chiudendosi nel forno. L’atto finale si è svolto nella piazza del paese: qui erano radunate circa 600 persone. Una volta ricevuto l’ordine, i soldati hanno sparato su tutta la popolazione inginocchiata a pregare.

14) Qual è stato l’esito del processo?

I 10 imputati sono stati condannati all’ergastolo in primo grado, cioè dal Tribunale della Spezia, e la sentenza è stata confermata dalla Corte di Appello e dalla Cassazione. La condanna non è stata eseguita perché la Germania ha rifiutato la richiesta di estradizione e anche la richiesta di risarcimento sposando la tesi che non ci fosse alcun concorso nel reato perché non era stata dimostrata l’esistenza di un ordine preventivo e quindi sarebbero dovute essere provate le responsabilità di ogni singolo individuo. Oltre a ciò, gli imputati sono molto anziani e come tali non avrebbero comunque potuto essere incarcerati. Diciamo che si è trattato per lo più di una condanna storica e politica, per dare il giusto riconoscimento alla popolazione di S. Anna e degli altri paesi colpiti così duramente.

15) Che differenza c’è fra primo grado, Corte d’Appello e Cassazione?

Nel nostro codice esistono tre gradi di giudizio. Prima giudica il Tribunale, a questa sentenza si può fare ricorso in Appello, cioè il secondo grado, e infine c’è il ricorso per Cassazione che è il terzo grado, che però può giudicare solo la legittimità. Diciamo che in Italia si è colpevoli solo dopo tre gradi di giudizio. Il Tribunale si trova nella provincia, la Corte d’Appello nel capoluogo di regione e la Cassazione si trova a Roma.

In conclusione questo processo è stato fatto più che altro per mettere la parola fine a una vicenda che obiettivamente gridava vendetta perché i fatti accaduti non riguardano lo scontro di due eserciti. Si è trattato di un eccidio, una strage gratuita, senza nessun motivo.

 

Simone Serafini, avvocato del Foro di La Spezia, nel processo di Sant’Anna (INIZIO 20/04/2004) ha difeso l’imputato  Alfred Mathias CONCINA, sergente dell’esercito tedesco. Tutti e 10 gli imputati sono stati condannati all’ergastolo con sentenza passata in giudicato l’8/11/07.