di Pastorini Giulia

 

Mi ritrovai ancora una volta sulla mia poltrona turchese sorseggiando una tazza di thè al limone, osservando attentamente fuori dalla finestra i fiocchi di neve che cadevano sopra la mia macchina nera e che creavano un interessante contrasto. Me ne stavo vicino al camino, al caldo sotto una coperta di lana color tiffany. A un tratto la mia gattina Serafina attirò la mia attenzione giocando con il filo del tappeto, che appunto si era sfilato. Giusto poco dopo aver visto quella scena, il telefono squillò, così mi dovetti alzare a malincuore, spostai la coda di Serafina. Non volevo sgridarla, dato che la vedevo impegnata a cercare di togliere quel filo dal tappeto. Mi avviai nel corridoio verso il telefono che non smetteva più di squillare, pensai dentro di me a chi poteva essere. Arrivai finalmente al mobiletto dove era appoggiato il telefono e alzai la cornetta.

Dalla voce sembrava una persona che aveva appena visto un fantasma, era agitata, non si sentivano bene le sue parole, ma capii che si trattava di qualcosa di grave. Cercai di fargli qualche domanda per capire chi fosse e dove abitasse ma fu tutto inutile.

Buttai giù la cornetta e in fretta e furia chiamai la centrale di polizia dove lavoravo, detti loro il numero di telefono della persona che mi aveva chiamato, e in meno di un minuto riuscirono a rintracciarlo.

Andai in camera, mi misi la divisa più velocemente possibile, salutai la mia gattina, e nonostante la neve riuscii a far partire la macchina e andare in fretta alla centrale. Arrivai a destinazione con la camicia mezza abbottonata e una scarpa senza i lacci, che si erano sfilati rimanendo chiusi nella portiera della macchina, ma nonostante questo disordine ero pronto. Andai dagli altri poliziotti, e mi dettero tutte le informazioni che erano riusciti a raccogliere. Si trattava di una certa Lady Victoria trovata morta. Si sospettava che fosse un omicidio. La vittima era stata trovata in cucina con ben 50 coltellate in tutto il corpo e con una corda legata attorno il collo. La persona che la aveva trovata in queste condizioni era appunto la persona che mi aveva chiamato, ovvero il suo maggiordomo, Louis Tomlinson, che poco dopo aver telefonato era svenuto. Presi la macchina insieme al mio caro amico e anche bravissimo poliziotto Justin Brown e andammo sulla scena del crimine, una ricca casa di campagna.

Scendemmo dalla macchina dopo aver discusso a lungo su chi potesse essere stato a fare una cosa così atroce. Con un bel respiro entrammo e la visione fu scioccante… la crudeltà. La povera Lady Victoria in terra in una pozza di sangue. Non aveva più le unghie delle mani, perché aveva lottato per la sua vita. C’era sangue da tutte le parti, anche sul soffitto e le unghie furono ritrovate persino nella fessura di un cassetto. Lady Victoria aveva una mano quasi staccata dalle coltellate.

Vennero i medici dell’obitorio, le chiusero gli occhi verdi, che avevano perso la loro lucentezza, e la coprirono con un telo bianco, ma non servì a molto dato che poco dopo il telo divenne rosso, intriso da tutto quel sangue che ancora fuoriusciva.

Con tanta pazienza e voglia di fare ci mettemmo subito ad investigare.

Nel frattempo riuscirono a risvegliare il maggiordomo Louis. Dopo essersi ripreso andò ad avvisare tutti i servitori e i familiari tra cui il marito Howard Malik, la cameriera Taylor Shaw, il giardiniere Michael Horan, la sorella della vittima Eleonor Mendez e la migliore amica della vittima, Kayla Zedda.

Rimasero scioccate anche loro dalla notizia e chiesero giustizia ai poliziotti. La polizia e tutti gli investigatori cominciarono a fare domande alle persone che conoscevano di più la vittima. Cominciarono da Louis Tomlison, il maggiordomo.

Non disse molto, solo che l’aveva trovata morta in cucina e che poco dopo era svenuto. I poliziotti non pensarono che fosse stato lui per due semplici motivi: il primo era il suo gran cuore, per il quale era noto a tutti, il secondo era che non avrebbe mai ucciso in quella maniera efferata. Howard Malik, il marito, il maggiore sospettato, tirò subito su la testa senza neanche una lacrima. Il viso era completamente asciutto come se non avesse mai pianto. La cameriera Taylor Shaw rimase immobile, non batté nemmeno un ciglio, ma grazie all’intervento di una psichiatra riuscì a dire che il marito e Lady Victoria litigavano spesso per sciocchezze. Il giardiniere Michael Horan quel giorno non c’era, e a dire la verità mancava da una settimana circa, perché aveva problemi in famiglia. La sorella della vittima Eleonor Mendez, sapeva cosa stesse passando la sorella col marito, e disse con certezza che era a conoscenza di chi fosse stato… ma rimase zitta.

La migliore amica Kayla Zedda, aveva anche lei un’idea di chi potesse essere stato ma rimase zitta, e si mise vicino a Eleonor a confabulare.

Il poliziotto, dopo aver sentito tutte le versioni dei familiari e testimoni, incominciò a elaborare chi potesse essere stato, anche se era piuttosto evidente. Il poliziotto decise di aspettare l’analisi delle impronte digitali e di tutte le altre tracce del dna. Pochi giorni dopo arrivò il risultato e in effetti il dna non era solo quello della povera Lady Victoria, ma anche di un’altra persona sconosciuta, che non era della famiglia.

Cominciarono le ricerche per trovare l’assassino, e venne fuori il nome di un certo Liam Pain, molto conosciuto nella zona per la sua cattiva fama, già stato in carcere parecchie volte. Era stato rilasciato con cauzione da circa una settimana, ma era stata una pessima idea… cercarono di rintracciarlo: Liam Pain, età 43 anni, corporatura robusta, capelli neri, occhi sul marroncino. Lo ritrovarono in un angolo in una strada chiusa per lavori in corso ormai da mesi. Lo trovarono in uno stato pietoso: il colore della pelle era giallastro e gli occhi erano rossi con tutti i capillari scoppiati, sulla maglietta si potevano notare tracce di sangue. L’uomo era incosciente e a malapena si reggeva in piedi, notammo che aveva i pantaloni strappati e sporchi di sangue.

Chiamarono un’ambulanza e poco dopo cercarono di curarlo al meglio, anche se ormai si poteva fare poco.

I poliziotti vedendo che Liam stava per morire cercarono di passare al sodo e farlo parlare. Le poche parole che disse furono: “ L’ho uccisa io, la amavo troppo, e non volevo che continuasse la relazione con il marito, l’ho uccisa così staremo per sempre insieme su nel cielo”.

Chiuse gli occhi e se ne andò verso il cielo anche lui.

Il caso fu chiuso… un altro poliziotto disse: “Perché allora tutte le persone della casa avevano incolpato il marito?”

Lo stesso poliziotto rispose: “Paura, solo per paura di morire anche loro, sapevano chi era stato ma avevano paura. Il marito soffriva in silenzio, sapeva che prima o poi sarebbe finita così.”

Il caso fu chiuso con tanta sofferenza e tanta voglia che tutto questo non fosse mai successo. Cercammo di incoraggiare i familiari, e esausti tornammo a casa, contenti di aver risolto il caso.

Lady Victoria rimarrà sempre nel cuore di tutti.

Ritornai a casa e l’unica cosa che feci fu tornare dalla mia gattina Serafina, raccogliere i lacci delle scarpe nella portiera e sedermi su una sedia per raccontare il caso alla mia famiglia.

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