di Jillian Mallegni
Prima settimana di Università, fin qui tutto bene. Il mio unico problema è che non sono ancora riuscito a memorizzare come sono distribuite le aule.
Per questo sono fuori dalla mia stanza appoggiato allo stipite. Aspetto Johnny, il mio compagno di stanza. Diciamo che è una persona un po’ ritardataria, anzi, un po’ tanto. Ad ogni modo, non vedo l’ora di cominciare come si deve il mio percorso di studi. Potrò sembrare un secchione, la realtà è che ho un grande bisogno di sentirmi utile e aiutare le persone.
Dopo i miei continui lamenti, Johnny si degna di uscire dalla stanza.
-Dai, non ci ho messo così tanto.- sdrammatizza. Lo guardo male.
-Non guardarmi così, Luke, lo sai che mi fai paura.-
-Prima o poi troveranno il tuo cadavere sepolto da qualche parte.-
-E il tuo con il mio. Non potresti continuare a vivere senza di me. – afferma convinto.
Sollevo il sopracciglio e chiudo la porta con troppa forza.
Percorriamo vari corridoi, mentre il mio cervello continua a creare una mappa dell’università. Dopo i racconti di questo rompipalle, finalmente posso entrare nella mia aula.
Ci incontriamo a pranzo nella mensa e con Johnny ci sono Ashley e Robert, ci sediamo a un tavolo in fondo alla sala dove c’è un po’ meno caos. Mentre faccio finta di ascoltare i miei amici, perso nei miei pensieri, noto un ragazzo vestito di nero che porta un paio di occhiali e tiene un bastone in una mano.
Ashley nota che non sto ascoltando nemmeno un parola, quindi si volta verso il ragazzo che ha attirato la mia attenzione. Fa un sorriso e si alza incamminandosi verso di lui, lo prende a braccetto e lo porta al tavolo.
-Chi c’è? –
-Allora, alla tua destra c’è Johnny, Robert davanti a te e accanto a lui la piccola matricola, Luke. –
-Ehi, sono il più alto qua, e poi piccola matricola suona male.- metto il broncio come i bambini e tutti tranne il ragazzo del quale non conosco ancora il nome si mettono a ridere.
Finisco di mangiare e dopo aver salutato tutti mi incammino verso la mia stanza.
Apro velocemente la porta e me la chiudo dietro con un calcio. Ho cominciato da poco e sono già sommerso di cose da studiare. Le mie lezioni pomeridiane cominciano alle tre e mezza e ho poco più di un’ora per portarmi avanti con lo studio.
Esco dall’ultima lezione alle sei e mezza, sono stanco morto.
Vado direttamente in camera nella speranza di potermi riposare un pochino per poi cominciare a studiare di nuovo in santa pace. Il mio desiderio viene infranto appena mi avvicino alla mia camera e sento il rumore della musica uscire a volume troppo alto.
Entro e nella stanza ci sono Johnny e i suo amici del quarto anno, stanno fumando, l’odore dolce della cannabis mi invade le narici.
Abbasso di colpo la musica e tutti si lamentano.
-Calma, ora me ne vado. Johnny, volevo solo dirti che mangio fuori e torno tardi, se ci sono problemi chiamami.-
-Che dolce che sei, peccato che non sono gay, ti bacerei in questo momento.-
-Sì, dai, ciao bel principe.-
-Oh sì, ci sposeremo.-
Rimetto il volume della musica al massimo e dopo aver lasciato qualche libro e averne presi altri, esco lasciando quei pazzi a ridere.
Il ristorante dista una decina di minuti dall’università, dopo penso che andrò al parco a studiare.
Dopo aver ritirato la mia ordinazione mi dirigo lentamente verso il parco. Mi fermo ad un semaforo mentre aspetto che torni verde.
-Cosa ci fai a quest’ora in giro, Luke? Non è tardi per una piccola matricola?-
Mi spavento e quando mi volto vedo Zackary. Alla fine ho scoperto il suo nome.
-Mi hai fatto spaventare, Zackary. Come facevi a sapere che ero io?-
Sono abbastanza curioso, cioè cavolo, non ho neppure parlato.
-Hai un odore particolare.-
-Cosa?- Ma è serio?
-È verde, dobbiamo attraversare.-
Attraversiamo in silenzio.
-Io vado a al parco, devo studiare.-
-Pure io vado al parco.-
Percorriamo il tragitto fino al parco in completo silenzio e mi ritrovo a seguire Zackary mentre cammina come se davvero riuscisse a vedere. Dopo aver percorso il sentiero si ferma a un tavolo da picnic.
-Io di solito mi fermo qua, se vuoi puoi stare con me. Sennò puoi anche cambiare tavolo, fai come preferisci.-
-No, ti faccio compagnia.-
Ci sediamo ed entrambi cominciamo a fare quello che ci spetta. Comincio a mangiare piano mentre alterno un boccone di cibo a un pezzo del testo da studiare. È strano vedere un ragazzo alle sette di sera con gli occhiali da sole. Mi fermo qualche secondo a guadarlo, è buffo. Il capelli mossi scuri gli cadono sulla fronte, quella faccia concentrata e la testa china come se stesse veramente leggendo con gli occhi, solo quel dito lo inganna. Un semplice ragazzo che sta in un parco a studiare, con il semplice particolare che legge con un dito.
-Hai finito di guardarmi?-
-Cosa? Come facevi a sapere che ti stavo guardando?-
-Semplice. Tu stai mangiando, leggendo e scrivendo su un quaderno, o stai facendo qualcosa con la matita. Ad un certo punto hai smesso di masticare e il rumore della matita è cessato. Presumo che tu mi stia guardando visto che il parco è abbastanza vuoto a quest’ora e da questo lato, dimmi se sbaglio. Io sono una persona nuova da conoscere e il fatto che sono cieco ispira di più la tua curiosità, mi sembri un ragazzo intelligente, sì, mi ispiri fiducia, ma se vuoi usarmi come un giocattolo non ci sto.-
-Cavolo, sei molto intuitivo. Scusa se mi sono soffermato a guardarti per troppo tempo, non volevo darti un’impressione sbagliata. –
-Posso guardarti, Luke?-
Non riesco a capire la sua domanda, e il motivo per il quale l’ha fatta proprio in questo momento, ma gli rispondo di sì, così si alza e passo passo si avvicina e si siede vicino a me. Siamo uno di fronte all’altro. Alza quasi titubante il braccio e cerca il mio viso. Appoggia i polpastrelli alla mia guancia. Dopo aver sfiorato quella piccola parte, appoggia pure l’altra mano sul mio viso e comincia ad analizzare ogni singolo millimetro del mio volto.
Lascia cadere le mani lungo i fianchi, si alza e dopo aver raccolto tutte le sue cose se ne va lasciandomi con un grazie e con una buonanotte.
Sto riflettendo molto su tutto quello che mi è successo in questi pochi minuti. Voglio conoscere meglio Zackary e riuscire a trovare un modo per ridargli quello che ha perso.
Voglio diventare i suoi occhi, un modo per vedere il mondo.
Nei giorni, le settimane e i mesi a seguire cerco di imparare tutto quello che posso da lui.
Le persone cieche riescono a vedere le cose in modo completamente diverso dal nostro. Vedono le cose profonde, non si fermano all’apparenza. Riescono a percepire ogni singola inclinazione della voce, il cambio dello stato d’animo o come bisogna comportarsi in ogni singolo momento. Almeno Zacky è fatto così.
Notano le piccole cose. Le cose essenziali per tutto.
Io volevo diventare come loro.
Voglio riuscire a vedere il mondo con gli occhi di chi non vede.
Così conobbi un mondo completamente diverso.
-Come hai perso la vista?-
Alza un sopracciglio e poi vedo per un millisecondo gli angoli della sua bocca andare verso l’alto.
-Stavo aspettando questa domanda da tempo. Devo dire che non mi aspettavo ci avresti messo così tanto per farmela. Ad ogni modo, se ti stai chiedendo se sono cieco dalla nascita, no. Ho perso la vista due anni fa. Anzi ad essere corretti, quasi tre anni fa. Il distacco della retina ha causato la mia cecità. Ce ne siamo accorti troppo tardi e non c’è stato nulla da fare.-
-E come descriveresti il cambiamento che hai dovuto affrontare da vedente a non vedente?-
-Stai lavorando ancora al giornale della scuola?-
-Sì.- non so se si arrabbierà, ma sapere le cose direttamente da lui potrebbe rendere il mio pezzo unico.
-Potevi dirmelo subito. Allora, con il pezzo diventerò famoso?-
L’ha presa bene, dai.
-Mi aiuterai?-
-Certo, mio caro amico reporter.-
-Allora riesci a raccontarmi meglio la tua storia? Non voglio sapere come hai perso la vista. La storia della tua vita. Parlami di Zacky.- accendo il registratore per non perdere neppure una parola.
-Okay, allora, da cosa cominciare? Ho due fratelli, un mamma bellissima e un padre troppo occupato a lavorare. Ho 24 anni e anche se sono cieco, e può suonare strano, studio arte all’università. Ero molto bravo a disegnare, soprattutto a fare ritratti. Ora principalmente mi sto concentrando a studiare la storia dell’arte, non posso più disegnare come facevo prima. Creerei solo figure astratte che non rispecchiano per niente la mia personalità. Sono una persona precisa e amo l’ordine. Questo fu un punto a mio favore quando persi la vista. Essendo un persona ordinata sono sempre riuscito ad orientami e non ho avuto problemi per quanto riguarda la mia stanza, i corridoi e le aule dell’università, non è stato difficile imparare le distanze tra i banchi e le sedie e il resto. Volevo cambiare il mio ambito di studi, non pensavo che avrei potuto essere un artista senza riuscire a vedere, ma mi sbagliavo. Il mio professore di arte mi fece capire che un artista cieco è raro e che se volevo far conoscere le mie opere dovevo andare avanti e non fermarmi a questa difficoltà, ma, anzi, sfruttare la cosa a mio vantaggio. Così nella mia testa si presentò l’idea di poter insegnare l’arte come la vedo io. –
-E come la vedi tu?-
-Come uno dei mezzi migliori per uscire vivi da tutta questa merda che ci troviamo intorno ogni giorno. Solo che non tutti prendono sul serio l’arte e la considerano un bel passatempo, si sbagliano. Ci sono un sacco di stili nell’arte ognuno di questi può venirci in aiuto in un modo o nell’altro, bisogna solo capire come.-
Voglio trovare la mia arte. Voglio trovare la mia salvezza.
Zacky parla del so handicap come una delle cose che più gli sono state utili nella vita. Quando gli chiedo il perché mi risponde con una semplicissima frase che mi entra dentro e si va a nascondere in qualche posto dal quale non riuscirò più a estrarla.
La cecità mi ha salvato da una vita superficiale e senza una ragione per cui lottare.
La cecità lo aveva salvato da una vita monotona e senza senso. Mi sono reso conto che la monotonia mi stava togliendo tutto quello che aveva Zacky. Mi stava risucchiando in un vortice mortifero e doloroso.
Ad ogni azione corrisponde una azione uguale e contraria.
Non ho mai capito questa frase fino in fondo. Penso che non la capirò mai fino in fondo.
Ho provato con gli strumenti musicali, con il canto. L’azione uguale e contraria? Sono stonato e non portato per gli strumenti principalmente usati nel genere di musica che ascolto.
Ho incontrato il pianoforte però. Azione uguale e contraria? Ho trovato la mia arte. Non so se si può dire che sia un’azione uguale e contraria, ma sono riuscito a trovare la mia salvezza da questa vita superficiale e senza una ragione per cui lottare.
-Mio padre non ha mai voluto che io studiassi arte. Almeno uno della famiglia doveva portare avanti la tradizione e lavorare nell’azienda di famiglia. I miei fratelli sono scappati di casa ed essendo gemelli ai 18 sono volati in Spagna da mia nonna. Mia madre non voleva che facessi le cose per obbligo e mi ha sempre appoggiato. Quando ho perso la vista per lei dovevo tornare a casa e non fare nulla. Non l’ha presa bene all’inizio ma adesso ha capito che sono una persona come tutte le altre e che posso portare avanti una vita normale. I miei fratelli mi hanno fatto visita qualche volta, e si sono preoccupati, non eccessivamente come mia madre ma lo hanno fatto. –
-Tuo padre?-
-Beh, lui, non lo so, pensa che adesso diventerò un fallito. La verità è che il fallito è lui. Il lavoro e la routine lo hanno portato ad essere un persona con la mentalità chiusa e il cuore duro.-
Le persone si migliorano spesso, è quello che ho cercato di fare io. Ho trovato la mia arte e sto imparando a capire il corpo di ogni singola persona più a fondo e a usare le mie capacità per aiutarle.
Il mio rapporto con Zack cresce e diventa ogni giorno più forte, ora è mio amico.
Sono riuscito a spronarlo a farsi dei nuovi amici, domani ha un appuntamento con una certa Jennifer. Sono molto contento per lui, sarà un ottimo cavaliere.
Sono contento anche per me.
Finalmente guardo il mondo con gli occhi di chi non vede.
Bellissimo 🙂
siete davvero bravi